Intervista a un giovane italiano partito per servire nell’esercito israeliano

È ormai risaputo in tutto il mondo quanto l’IDF (esercito israeliano) sia qualitativamente e strategicamente all’avanguardia. Le sue operazioni e quelle dell’intelligence sia recenti che non, sono spesso diventate fonti per sceneggiature di film. Fra i più celebri si potrebbe ricordare Munich, film sull’attentato agli atleti israeliani alle olimpiadi di Monaco del 1972, la magnifica serie “The Spy” interpretata da un favoloso Sasha Baron Cohen o il film vincitore del leone d’oro Lebanon.

Scena del film Munich di Steven Spielberg

Non tutti sanno che sin dalla loro fondazione, nel 1948, le forze di difesa israeliane, oltre al reclutamento di cittadini Israeliani, danno la possibilità a qualsiasi ebreo nel mondo di arruolarsi per un periodo minimo di 1 anno e 6 mesi.
Tactical News è riuscita a intervistare un ex combattente dell’IDF nato e cresciuto in Italia, ma con uno spirito di appartenenza a Israele non indifferente.
Per ragione di privacy verra soprannominato “G.” (lettera non corrispondete all’iniziale del suo nome).

Intervista

Sappiamo che sei italiano, nato e cresciuto in Italia e tutt’ora residente qui, cosa ti ha spinto in passato a lasciare un paese “tranquillo” come l’Italia e arruolarti in un paese continuamente caldo?
«Di certo non è stata una decisione semplice. Spirito di patriottismo, senso del dovere verso una terra che sento mia. Fin da quando ero bambino avevo il desiderio di servire e aiutare Israele, di dare una mano ai fratelli che ho lì.»
Quando dici “fratelli”, intendi veri fratelli di sangue, avevi dunque paura per loro?
«No no! Per fratelli non intendo solo quelli di sangue, per me è mio fratello chiunque condivida il mio pensiero, chiunque abbia il mio stesso obiettivo e fa del tutto per portarlo a termine.»


In quale periodo hai servito?
«Dopo la maggiore età mi sono subito trasferito, ho preso la cittadinanza, che qualunque ebreo può richiedere, e mi sono subito arruolato firmando per 3 anni.»
Di certo non una cosa comune qui in Italia, sentivi differenza con i tuoi coetanei?
«Non faccio di certo di tutta l’erba un fascio, ma mentre mi addestravo e prendevo coscienza delle mie capacità di uomo e di combattente, vedevo sui loro profili social solo feste e divertimento. Certo la mia è stata una scelta molto dura, non critico nemmeno la loro spensieratezza, ma ad oggi le differenze si notato.»
Di cosa ti occupavi durante il tuo periodo nell’IDF?
«Facevo parte di un gruppo di soldati selezionati fra le fila della prima brigata fanteria Golani. Ci occupavamo principalmente di mansioni speciali, dove era richiesta una preparazione di maggior livello.»
Cosa intendi per “mansioni Speciali” e come era la situazione in quegli anni?
«La situazione non era delle più facili, ho avuto la “fortuna” di arruolarmi in un periodo delicatissimo. Erano da poco stati trovati morti 3 studenti israeliani, uccisi per mano dei terroristi. Seguirono quindi operazioni finalizzate a ripristinare la sicurezza e la protezione del confine con la striscia di Gaza. Ci concentrammo principalmente sull’eliminare la minaccia delle invasioni territoriali attraverso i tunnel sotterranei.»
In che modo operavate per raggiungere questi obiettivi?
«Mi dispiace, ma di questo non posso parlare.»
Non insisto.
Accennavi prima al tuo periodo di addestramento, come lo ricordi?
«L’addestramento fu un periodo estremamente impegnativo ma allo stesso tempo divertente. Formò me e il mio gruppo, donandoci un’autostima e una fiducia nel compagno inimmaginabili. Ci sentivamo pronti, nulla ci spaventava, nemmeno la morte. Riuscirono ad unirci e a inculcarci una carica paurosa, volevamo solo servire e mettere in pratica ogni cosa.»

Hai mai avuto paura?

«No, mai.»

Parlando dell’esercito in se, dei suoi sistemi, dei suoi equipaggiamenti, che pareri puoi dare?
«I sistemi e gli equipaggiamenti che ci fornirono erano estremamente tecnologici e di ultima generazione, certo, il gruppo di cui facevo parte io era estremamente equipaggiato e potevamo richiedere dotazione esclusive se necessario. Personalmente ero equipaggiato di Microtavor in cal. 5.56 NATO e di una Glock 17. I vest erano tutti della Marom Dolphin.»


Che mezzi utilizzavate?
«Tutti! Principalmente fuoristrada Hummer, i classici americani, ma anche Jeep. Qualche volta mi sono ritrovato anche a fare esercitazioni all’interno dei paurosi carri armati Merkava.»


G. Grazie mille della tua sensazionale testimonianza, c’è un’ultima domanda pero che vorrei porti. Perché sei tornato?
Ride!
«Beh, amo Israele e morirei per per Israele, ma sono nato in Italia, la mia famiglia e i miei amici sono qui, e nonostante tutto rimarrà sempre il mio paese di origine.»

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